Pierfrancesco Favino, uno dei più validi esponenti del giovane cinema italiano, interprete di film come L’ultimo bacio, El Alamein e Romanzo criminale, romano di nascita, racconta il rapporto che ha con la periferia della sua città. Molta parte delle aree periferiche romane infatti saranno al centro di numerosi eventi della Festa del Cinema di Roma, che si svolgerà dal 13 al 21 ottobre e che coinvolgerà zone come Ostia, Tor Bella Monaca, San Lorenzo e Cinecittà. Tutti quartieri e agglomerati urbani altamente popolosi che Favino ha imparato a conoscere in tenera età proprio grazie al cinema. “La periferia di Roma è un set cinematografico naturale. Ho imparato ad apprezzarla sin da piccolo, quando vedevo i film di Pasolini come Accattone e Mamma Roma, prima ancora di girarci come attore. Ho capito che quelle realtà sono il cuore pulsante della città, non luoghi da tenere ai margini. Per questo credo sia importante che la Festa del Cinema di Roma si svolga anche in posti come Tor Bella Monaca e altre periferie della città. Da attore, poi, ho avuto la possibilità di conoscere alcune zone di periferia che altrimenti avrei visto solo da lontano o comunque non avrei vissuto così intensamente. Penso ad Ostia, dove abbiamo girato alcune scene di Romanzo criminale, come quella in cui Libano, il mio personaggio, passeggia al tramonto insieme con Freddo, Kim Rossi Stuart”.
“Un’altra zona che ho amato in particolar modo è l’Eur, per via di una scena che ho girato ne L’ultimo bacio. Era la festa di addio al celibato del mio personaggio, Marco, che con i suoi amici festeggia mettendo i piedi a mollo in una fontana con una cascata che si trova all’Eur, vicino al laghetto, stappando bottiglie di spumante e scherzando. Ci siamo divertiti tantissimo, suggestionati dall’acqua che scendeva, dai vialoni illuminati di quel quartiere e dal gusto del proibito di entrare in una fontana pubblica. È stato davvero emozionante, anche perché quell’atmosfera, noi attori del film, continuiamo a portarcela dentro. Ogni volta che incontro Claudio Santamaria, Stefano Accorsi o Giorgio Pasotti, infatti, è una gran festa: siamo diventati buoni amici”.
“Parlando di Roma e di cinema, però, non posso fare a meno di tornare a pensare a Romanzo Criminale, alla scena in cui “Libano” muore. Innanzitutto devo dire che è un film che mi ha riportato con la mente proprio a Pasolini e al suo Accattone, perché ho sempre pensato, romanticamente che i protagonisti della pellicola di Michele Placido fossero quei ragazzini che Accattone incontra quando torna nella sua baracca. In fondo, Libano, Freddo e Dandi sono come i ragazzi di periferia che Pasolini raccontava nei suoi film e nei suoi romanzi. Con Placido, ci tenevamo molto che Libano morisse in un posto che facesse subito pensare a Roma, che il suo ultimo sguardo cadesse in un luogo tipico della città, anche per via del suo attaccamento ai grandi personaggi della storia di Roma come Giulio Cesare. Così piazza Santa Maria in Trastevere ci è sembrato il posto ideale e non scontato per farlo morire. La piazza, con le statue e i mosaici dei santi all’esterno della chiesa, diffonde un senso di gloria e di decadenza insieme, perché sono dei martiri ma con i loro sguardi incutono timore. Adesso, ogni volta che ci passo con qualche amico, indico il punto preciso della piazza e dico: “Vedi, qua sono morto”. Che bello poterlo dire. È la magia del cinema”.
“Un’altra zona che ho amato in particolar modo è l’Eur, per via di una scena che ho girato ne L’ultimo bacio. Era la festa di addio al celibato del mio personaggio, Marco, che con i suoi amici festeggia mettendo i piedi a mollo in una fontana con una cascata che si trova all’Eur, vicino al laghetto, stappando bottiglie di spumante e scherzando. Ci siamo divertiti tantissimo, suggestionati dall’acqua che scendeva, dai vialoni illuminati di quel quartiere e dal gusto del proibito di entrare in una fontana pubblica. È stato davvero emozionante, anche perché quell’atmosfera, noi attori del film, continuiamo a portarcela dentro. Ogni volta che incontro Claudio Santamaria, Stefano Accorsi o Giorgio Pasotti, infatti, è una gran festa: siamo diventati buoni amici”.
“Parlando di Roma e di cinema, però, non posso fare a meno di tornare a pensare a Romanzo Criminale, alla scena in cui “Libano” muore. Innanzitutto devo dire che è un film che mi ha riportato con la mente proprio a Pasolini e al suo Accattone, perché ho sempre pensato, romanticamente che i protagonisti della pellicola di Michele Placido fossero quei ragazzini che Accattone incontra quando torna nella sua baracca. In fondo, Libano, Freddo e Dandi sono come i ragazzi di periferia che Pasolini raccontava nei suoi film e nei suoi romanzi. Con Placido, ci tenevamo molto che Libano morisse in un posto che facesse subito pensare a Roma, che il suo ultimo sguardo cadesse in un luogo tipico della città, anche per via del suo attaccamento ai grandi personaggi della storia di Roma come Giulio Cesare. Così piazza Santa Maria in Trastevere ci è sembrato il posto ideale e non scontato per farlo morire. La piazza, con le statue e i mosaici dei santi all’esterno della chiesa, diffonde un senso di gloria e di decadenza insieme, perché sono dei martiri ma con i loro sguardi incutono timore. Adesso, ogni volta che ci passo con qualche amico, indico il punto preciso della piazza e dico: “Vedi, qua sono morto”. Che bello poterlo dire. È la magia del cinema”.