Dino Risi (Una vita difficile, L’ombrellone, I mostri, Profumo di donna) racconta la sequenza girata a Civitavecchia per Il sorpasso: “I due protagonisti si fermano sul porto per mangiare una zuppa di pesce in uno scenario molto differente da quello attuale. La scelta di Civitavecchia come location non fu affatto casuale, rispondeva all´esigenza di mostrare i luoghi reali del viaggio dei due, da Roma alla Versilia lungo la strada Aurelia. Nel cinema infatti, niente è casuale, tutto è scritto nel copione”.
“Ho girato molto a Roma – prosegue Risi – e ci sono luoghi ai quali sono particolarmente affezionato. Il Tevere per esempio, era molto affascinante, c´erano ancora i barconi e l´acqua era talmente pulita che si poteva fare il bagno. In Poveri ma belli, Romolo fa il bagnino sul barcone del “Ciriola” e diverse sequenze sono girate lì. Roma del resto, in quegli anni era tutta un set: Piazza Navona e i suoi dintorni, Via Veneto, Fontana di Trevi. Sono legato a tutta la città, sebbene non abbia frequentato troppo la sfera della mondanità capitolina. Roma mi emoziona ancora ma se si potessero bruciare tutte le automobili sarebbe meglio. Ne Il sorpasso ho fatto invece dell´automobile la protagonista del film ma erano anni cruciali per l´economia, le cose iniziavano ad andare meglio e gli italiani abbandonavano le lambrette e le vespe per salire a bordo delle prime macchine. L´entusiasmo era giustificato, oggi invece l´eccesso paralizza”.
“Fra i miei luoghi del cuore non posso dimenticare le due trattorie che per anni mi hanno ospitato: Otello alla Concordia e Cesaretto a via della Croce. Ci andavo la sera con gli amici, ma anche con la troupe durante le riprese quando non c´era il cestino. Da Otello è rimasto tutto come cinquanta anni fa, è ancora un ritrovo di cinematografari ma ci vengono solo i sopravvissuti della mia epoca, quei pochi che camminano ancora sulle loro gambe. Da “Cesaretto” invece era facile trovare anche la compagnia dei letterati. Come in Via Veneto, d´altronde. Qui c´era Vincenzo Cardarelli il grande poeta della “Voce” che veniva bersagliato dagli sberleffi: in piena estate si aggirava infatti per i caffè della via con due cappotti addosso. Soffriva il freddo – diceva – e noi lo definivamo crudelmente “il più grande poeta italiano morente”. Al mio gruppo appartenevano Ennio Flaiano, Leo Longanesi, Marino Mazzacurati e tanti altri. Ma divi e divette erano esclusi dal circolo. Non ci piaceva frequentarli perché avevano poco da dire al di là delle battute scritte sul copione. Non tutti però. C´era il gruppo dei perdigiorno e quello dei grandi attori come Alberto Sordi e Marcello Mastroianni; loro erano interessanti e stimolanti. Ci piaceva sedere al caffè e parlare, andavamo al Bar Doney, un vero simbolo della via Veneto della Dolce Vita, ma anche al Caffè Greco, in Via Condotti”.
“Ricordo anche Cinecittà, nonostante abbia girato poco in studio. Era bellissima, sembrava una vera e propria città mentre oggi è un paesotto rimasto sotto le pressioni dei grandi mercati. Ci girano gli americani per risparmiare. In quegli anni invece Cinecittà era il cinema italiano. Un ricordo in particolare? Sicuramente lo Studio 5. Qui Federico Fellini lavorava ma soprattutto dormiva quando voleva sfuggire alla Masina. Era il suo studio privato, diciamo. E se potesse parlare, avrebbe molto da raccontare”.