Presentato alla stampa A Few Days Later… di Niki Karimi, film in concorso nella sezione Cinema2006. All’incontro oltre la regista e attrice iraniana la distributrice internazionale Katayoon Shahabi. Incentrato sull’attuale società in Iran, A Few Days Later… è la storia di Shahrzad, designer di successo alle prese con decisioni importanti per il proprio futuro e la propria vita.
“Le donne che lavorano e sono autonome in Iran sono molte. Volevo proprio raccontare uno spaccato della società di oggi”, ha esordito la regista. “Avrei potuto chiamare questo film ‘Distanza’, perché la protagonista ha una certa distanza dalla società. Decidere, fare delle scelte nella vita non è mai facile. In Iran convivono tradizione e apertura alla modernità, la difficoltà di Shahrzad è proprio quella di relazionarsi al mondo circostante”. “Ci sono tante solitudini come quella raccontata nel film”, ha proseguito, “tante donne non hanno il diritto o hanno difficoltà ad esercitare una serie di professioni. Ma al tempo stesso ci sono donne medici, scrittrici, avvocati che stanno lavorando per creare una parità di condizioni. L’Iran è un paese patriarcale ricco di contraddizioni e contrasti, con il mio cinema spero di influire e perché no cambiare la società”. E sulla questione del velo per le donne riflette con molta intelligenza: “il vero problema non è metterselo o no ma poter averne o meno la scelta”.
Uno stato difficile che interessa tutta la cinematografia iraniana. “Nel mio precedente film (One Night) ho avuto 15 minuti censurati. Da un anno c’è il nuovo governo ed ero molto curiosa, in realtà nella versione che uscirà in Iran ci saranno diverse parti tagliate. Ad esempio le musiche, soltanto perché sono state realizzate da musicisti iraniani che però vivono a Los Angeles”. Sullo stesso argomento Katayoon Shahabi: “purtroppo le possibilità produttive per il nostro cinema si stanno riducendo. Con l’Unione Europea il mercato si è ristretto, la televisione resta l’unico interlocutore. Tuttavia i canali tv stanno diventando più commerciali per avere più pubblicità. Le giovani generazioni ricevono una scarsa educazione cinematografica, anche perché la televisione trasmette film d’autore una sola volta alla settimana all’una di notte. Il cinema è il miglior modo per far conoscere la cultura iraniana e sgombrare il campo da molti dubbi che ci riguardano”.
“Le donne che lavorano e sono autonome in Iran sono molte. Volevo proprio raccontare uno spaccato della società di oggi”, ha esordito la regista. “Avrei potuto chiamare questo film ‘Distanza’, perché la protagonista ha una certa distanza dalla società. Decidere, fare delle scelte nella vita non è mai facile. In Iran convivono tradizione e apertura alla modernità, la difficoltà di Shahrzad è proprio quella di relazionarsi al mondo circostante”. “Ci sono tante solitudini come quella raccontata nel film”, ha proseguito, “tante donne non hanno il diritto o hanno difficoltà ad esercitare una serie di professioni. Ma al tempo stesso ci sono donne medici, scrittrici, avvocati che stanno lavorando per creare una parità di condizioni. L’Iran è un paese patriarcale ricco di contraddizioni e contrasti, con il mio cinema spero di influire e perché no cambiare la società”. E sulla questione del velo per le donne riflette con molta intelligenza: “il vero problema non è metterselo o no ma poter averne o meno la scelta”.
Uno stato difficile che interessa tutta la cinematografia iraniana. “Nel mio precedente film (One Night) ho avuto 15 minuti censurati. Da un anno c’è il nuovo governo ed ero molto curiosa, in realtà nella versione che uscirà in Iran ci saranno diverse parti tagliate. Ad esempio le musiche, soltanto perché sono state realizzate da musicisti iraniani che però vivono a Los Angeles”. Sullo stesso argomento Katayoon Shahabi: “purtroppo le possibilità produttive per il nostro cinema si stanno riducendo. Con l’Unione Europea il mercato si è ristretto, la televisione resta l’unico interlocutore. Tuttavia i canali tv stanno diventando più commerciali per avere più pubblicità. Le giovani generazioni ricevono una scarsa educazione cinematografica, anche perché la televisione trasmette film d’autore una sola volta alla settimana all’una di notte. Il cinema è il miglior modo per far conoscere la cultura iraniana e sgombrare il campo da molti dubbi che ci riguardano”.