“Ripercorrendo la strada che il grande scrittore italiano Primo Levi compì da Auschwitz a Torino, abbiamo verificato che i suoi scritti erano anche i nostri. La sera leggevamo La tregua e rivivevamo le sensazioni che avevamo provato durante la giornata”. Così il regista Davide Ferrario alla presentazione del suo ultimo film, La strada di Levi, film italiano in concorso nella sezione Cinema 2006, che uscirà nelle sale nel gennaio 2007.
Si tratta di un documentario in cui, a distanza di sessanta anni, Davide Ferrario e lo scrittore Marco Belpoliti ripercorrono lo stesso itinerario che fece Primo Levi dal campo di concentramento di Auschwitz fino a Torino, per tornare a casa, attraversando tutta l’Europa dell’Est. Il film ricostruisce l´avventura di Levi mostrando la condizione dell´Europa moderna: i resti dell´impero sovietico, Chernobyl, i raduni neo-nazisti, i villaggi dei poveri migranti.
“Il posto che mi ha più colpito – ha raccontato lo scrittore Marco Belpoliti, co-sceneggiatore del film insieme con Ferrario – è stato Chernobyl. Ci siamo andati due volte, Ferrario voleva farci dormire lì, ma ci siamo opposti. È un posto angosciante, non tanto per la centrale nucleare, quanto per la città, abbandonata e rimasta all’epoca sovietica. Ho provato la stessa sensazione dei forni crematori di Auschiwtz”.
“Credo che questo film possa andare nelle sale e rimanerci – ha detto il regista – anche se è un documentario non attuale. Per me è una scommessa”.
“Per quindici anni mi sono occupato di Levi – ha concluso Belpoliti, studioso dell’opera dello scrittore – e ho deciso di fare questo film per chiudere con lui. Appena è stato finito il montaggio, sono andato a Torino, sono arrivato a piedi fino a Corso Re Umberto 75, dove Levi abitava. Sono rimasto davanti al portone con la tentazione di andare a vedere la tromba delle scale dalla quale si suicidò, ma il portone mi si è chiuso davanti”.